Un quadrimestre per raddrizzare i conti pubblici da qui a fine dicembre.
E' quello che aspetta il ministero dell'Economia, arrivato a due terzi dell'anno in affanno in tema di finanza pubblica.
Il fabbisogno statale quasi raddoppiato nei prim iotto mesi - 60 miliardi contro i 33 dello stesso periodo 2012 - ben rappresenta una situazione che necessita di controlli ravvicinati, anche se contiene poste, come il pagamento dei debiti della PA, che non peseranno sul rapporto deficit/pil.
Da un lato sta pesando il contributo, più negativo del previsto, dell'economia in recessione, dall'altro i costi di una politica fiscale che, di fronte ai molti problemi strutturali da affrontare, ha avuto come centro di gravità l'abolizione dell'Imu,tassa sugli immobili analoga a quella presente in gran parte dei paesi vicini all'Italia. Con l'aggravante che le decisioni in materia sono state prese in più fasi nel corso dell'anno, riducendo il tempo utile per l'impatto delle misure compensative.
Ora, pagata al Pdl la cambiale politica contratta alla nascita del governo, si riaffaccia con decisione il vincolo principale: il rispetto del tetto del 3% per il deficit/pil, condizione necessaria per non ricadere dopo un solo anno nella procedura per deficit eccessivo della Commissione europea. Una norma, discutibile soprattutto in tempi di recessione, ma che anche in futuro, anche dopo le elezioni tedesche, resterà un punto fermo della politica continentale.
L'Italia parte dalla stima del deficit/pil al 2,9% nel Def dello scorso aprile che si basava su un Pil in calo dell'1,3%, mentre lo stesso ministero dell'Economia considera realistico un ribasso dell'1,8/1,9% che costringe a un deficit più limitato per mantenere il rapporto tra i due indicatori entro il 3%.
Le misure prese da allora non hanno contribuito al miglioramento dei conti quanto piuttosto alla difficile impresa di sostenere a costi minimi l'uscita dalla crisi e al tamponamento delle minori entrate provocate dalla sostanziale abolizione dell'Imu sulla prima casa e dal mancato aumento dell'aliquota Iva. L'effetto sui conti, grazie alle misure di copertura, è sulla carta neutrale, ma lo stesso ministero, dubbioso su qualche posta,ha introdotto nell'ultimo decreto Imu una clausola di salvaguardia che a novembre, in caso di scostamenti, aumenterebbe acconti Ires e Irap oltre alle accise ,in modo da consentire il rispetto del 3%. Una potenziale manovra di window dressing, con ricadute negative sui conti del prossimo anno, che denota, ancora nel 2013, un connotato di emergenza.
Le poste di bilancio strutturali evidenziano andamenti divergenti: dal lato delle entrate l'Irpef ha tenuto più del previsto,mentre l'Iva ha risentito negativamente del netto calo dei consumi e, più in generale, dell'attività economica.
In tema di uscite la spesa primaria non mostra correzioni di rilievo e, da qui a fine anno, sarà appesantita dagli ammortizzatori sociali - cig in deroga e esodati - e dal finanziamento delle missioni all'estero. La spesa per interessi mostra un andamento lievemente favorevole rispetto alle attese e a fine anno potrebbe pesare per meno del 5,3% del Pil previsto in primavera.
Il consensus degli economisti si indirizza verso uno sfondamento del 3% di 2/3 decimi di punto con da una parte chi, come Nomisma, vede possibile il contenimento entro il tetto europeo e dall'altra una banca d'affari come Citigroup che vede il rapporto ormai più vicino al 4 che al 3%.
Ma la convinzione è che il duo Letta-Saccomanni - accomunato da una storica condivisione dei valori europei - sia atteso da mesi finali dell'anno in cui dovrà imporsi all'interno del governo per far diventare il rispetto del vincolo europeo una priorità. Pena la ricaduta nella procedura per deficit eccessivo della Commissione europea da cui l'Italia è uscita tre mesi fa dopo quattro anni di purgatorio . E la perdita della possibilità riconosciuta all'Italia dall'Europa di mantenere il deficit al 2,9% nel 2014, con un margine di circa mezzo punto per finanziare nuovi interventi di stimolo.
FONTE REUTERS