Lo S&P 500 e il Nasdaq restano positivi mentre il titolo Ibm trascina il Dow Jones al ribasso
OSPITIAMO UN POST DI LINA CAGOSSI
Indici contrastati ad inizio settimana a Wall Street con l’azionario che torna a contrattare dopo quattro settimane consecutive di flessioni – non accadeva da tre anni – e il recupero dello scorso venerdì. Oggi a pesare sul Dow Jones e’ il titolo Ibm, che ha influenza nettamente minore sullo S&P 500 che troviamo invece in territorio positivo. Una dimostrazione che non bastano i conti solo di Ibm – che confermano le paure legate al caro dollaro e alla debolezza dell’Europa – ad innescare il panico sul mercato, sottolinea Kenny Polcari, Direttore delle operazioni sul floor per O’Neil Securities. Bisognera’ aspettare i numeri che arriveranno questa settimana e la prossima per capire davvero quale sia stato l’impatto del rafforzamento del dollaro sugi utili societari e soprattutto sulle prospettive future.
E vedremo anche se i listini riusciranno a recuperare dopo una settimana nera. In cui i tre listini di riferimento sono scesi sotto la media a 200 giorni. Fattore che ha innescato le vendite, che sono poi continuate dopo l’arrivo delle notizie preoccupanti dall’economia europea e dall’attività di fusione e acquisizione (tax inversion), il cui futuro e’ adesso in dubbio, spiega Kenny. Che ritiene che le forti vendite siano state provocate dalla necessita’ di sbarazzarsi di asset liquidi (quindi treasuries e azioni Usa) in un momento di forte volatilità e alta incertezza.
Le banche centrali sono intervenute per rassicurare i mercati e la Fed, attraverso i suoi esponenti, ha ipotizzato un’estensione delle operazioni di acquisto di bond. Una promessa che pero’ serve solo a rimarginare le ferite, un cerotto sul problema, sottolinea Kenny. Le operazioni della Fed negli ultimi 5-6 anni hanno arricchito i ricchi e non hanno fatto niente per aiutare la classe media. La banca centrale non può creare occupazione ma le riforme del Governo possono aiutare in questo senso, aggiunge Kenny. E di fatto la paura principale per i mercati e’ l’inabilita’ delle banche centrali di sostenere la crescita, possibile invece solo con le riforme strutturali in Europa e le riforme fiscali negli Stati Uniti. Del resto lo ha indicato di recente Mario Draghi e lo aveva sottolinea Ben Bernanke prima di lasciare la presidenza della Federal Reserve.
Se l’esito delle elezioni di midterm portera’ ad una maggiorana repubblicana, sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato, non e’ da escludere uno sblocco a Washington con maggiore probabilità di compromesso tra Casa Bianca e Congresso, secondo Kenny.
Oggi gli indici tentato di confermare i guadagni archiviati venerdi’, cercano la propria strada, dice Kenny, che non prevede che lo S&P 500 tornera’ a testare 1810 ma non esclude che 1850 possa diventare il prossimo supporto importante, almeno fino alla fine della stagione degli utili.
Questa settimana pochi i dati economici importanti in calendario, quindi l’attenzione sarà tutta rivolta sulle trimestrali.