Torna la volatilita’ a Wall Street, preoccupata per la crescita economica globale
ospitiamo un post di LINA CAGOSSI
L’azionario americano ha registrato la peggiore settimana dal 2012. La terza consecutiva di flessioni e persi, proprio nelle ultime tre settimane, circa mille miliardi di dollari in valore. Venerdi’ le vendite sono state accompagnate da forti volumi, a circa meta’ seduta erano del 67% superiori alla media degli ultimi 30 giorni, e ancora da forte volatilità che ha contraddistinto i mercati nelle ultime tre sedute.
E’ stata una settimana molto difficile, sottolinea Peter Cardillo, Chief Market Economist per Rockwell Global Capital, gli indici hanno perso soglie tecniche molto importanti e lo S&P 500 potrebbe testare nei prossimi giorni la media a 200 giorni. L’incertezza e’ data dal rallentamento dell’attività economica globale e dalle possibili conseguenze per la congiuntura statunitense. A preoccupare e’ soprattutto l’Europa, sottolinea Peter, in particolare dopo i dati molto deboli arrivati dalla Germania che fanno temere per il crollo di quella che rimane la fortezza dell’economia europea. Il Presidente della Bce Mario Draghi ha ribadito ancora una volta di voler fare il possibile per salvare l’euro e incrementare l’inflazione, quest’ultimo commento, dice Peter, e’ una conferma che il pericolo deflazione e’ presente in Europa. Il mercato e’ preoccupato perché teme che anche con il supporto della Bce non si vedranno grandi risultati in Europa, le cui difficoltà non sono cicliche bensì strutturali e senza riforme probabilmente non si potrà avere un recupero.
Anche la Federal Reserve ha indicato di essere preoccupata per la situazione europea, come si legge sui verbali dell’ultima riunione del FOMC. La banca centrale americana ha fatto riferimento anche al dollaro, la cui forza a lungo andare potrebbe minare il recupero degli Stati Uniti. Peter ritiene tuttavia che la forza del biglietto verde rifletta da una parte i fondamentali positivi e dall’altra sia un’anticipazione del cambiamento della politica monetaria della Fed nei prossimi 6 mesi o forse anche un anno.
Nonostante la perdita di soglie importanti, che hanno portato al cambiamento del quadro tecnico per i listini, Peter non crede che gli indici stiano entrando in un periodo di correzione vera e propria, non scenderemo quindi oltre il 10%. Soprattutto perché siamo appena agli inizi della stagione di trimestrali e risultati positivi potrebbero essere in grado di supportare alcuni settori e quindi i listini. Due grandi multinazionali, Alcoa e Pepsi, questa settimana hanno mostrato che gli effetti del dollaro forte non si sono ancora notati – le loro stime sono rimaste ottimistiche anche per i prossimi mesi. La prossima settimana leggeremo i conti di altre grandi multinazionali, di colossi della tecnologia e poi gli utili delle banche, sarà quindi una settimana in grado di indicare la direzione del resto della stagione dei conti.
Lo S&P 500 potrebbe arrivare a testare i 1900 punti, mi dice Peter, che non crede che continueremo a perdere terreno anche se scenderemo al di sotto di quel livello. A meno che, spiega Peter, i dati in arrivo dall’Europa non continueranno a deludere.