Hanno qualche ragione per farlo, ma per onestà occorre dire che Obama è l’ultimo a poter rimproverare gli europei: dopo un ambizioso piano di stimoli varato appena eletto, con tanto di fotomontaggi che lo raffiguravano come Roosevelt, il presidente nero si è trasformato in un nuovo Hoover e ha tagliato tutto quel che poteva tagliare. Certo, non i tagli lineari e stupidi di Tremonti. Certo, non le vessazioni tassatorie di Monti che, come prevedibile, hanno prodotto meno entrate di quanto previsto (e noi l’avevamo detto, troppo facili profeti). Ma comunque oggi Obama può “vantarsi” di essere il presidente che ha fatto meno deficit negli ultimi 30 anni. Un errore fatale, proprio nel momento in cui vi era bisogno di deficit molto maggiori. Fatale perché la disoccupazione rimane alta e può portarlo a perdere le elezioni. Ma fatale soprattutto per l’economia mondiale che avrebbe bisogno di un’America decisamente più spendacciona. Se gli Europei hanno le colpe più grandi, dall’altra parte dell’Atlantico non ci sono innocenti.Guidata da una classe dirigente in parte accecata dall’ideologia dell’austerità, in parte ben conscia di proteggere concreti interessi, l’Unione europea si è cacciata da sola in una situazione da cui era facile uscire. Se la crisi morde e rischia di sfasciare 60 anni di paziente costruzione dell’Europa unita, la colpa non è del destino cinico e baro, né delle dure leggi del mercato. Al contrario, il Vecchio Continente, se vuole trovare il colpevole, deve semplicemente guardarsi allo specchio.Sarebbe bastato non tagliare o tassare. Sarebbe bastato seguire la lezione che viene dal buon senso prima ancora che dalla teoria economica. Sarebbe bastato guardare alla storia della Grande Depressione.